Diventare trader di successo: meglio un genio sfigato o uno stupido fortunato?


Nel trading occorrono fortuna o abilità? Se sei approdato a questo post, è perché probabilmente quanto scritto nel mio precedente intervento non è stato abbastanza chiaro da farti desistere da qualsiasi proposito di fare soldi col trading. Ok, approvo la tua autostima e voglio andare fino in fondo. Del resto, esisterà pure qualcuno che nell’arco di svariati anni è riuscito a mettere via delle cifre considerevoli grazie al trading, nonostante le statistiche siano molto scoraggianti. Riprendendo il discorso della prima parte di questo articolo, ero arrivato alla conclusione che verosimilmente soltanto un trader su cento riesce a tirare fuori cifre considerevoli dal trading, in modo da assicurarsi una vera e propria rendita costante nel tempo (costante ma pur sempre molto volatile). La domanda delle domande è sempre la stessa: come posso diventare io uno di quei privilegiati guru del trading? È possibile raggiungere quei risultati “semplicemente” impegnandosi nello studio dei mercati? Oppure l’appoggio della fortuna costituisce una conditio sine qua non per raggiungere tali risultati?
È indubbio che sia molto più semplice diventare un campione di scacchi piuttosto che un trader di successo. Il che non vuol dire che sia più facile, ovviamente. Dico che è più semplice perché, soprattutto iniziando in giovane età, e grazie a uno studio approfondito della materia scacchistica, la stragrande maggioranza delle persone potrebbero senza dubbio conquistare altissimi risultati. In parole povere, sebbene gli scacchi rappresentino uno dei giochi più complessi mai escogitati dall’uomo, parliamo comunque di un gioco che non ha nulla da spartire con aspetti aleatori.
Negli scacchi la fortuna non ha alcun ruolo. Stessa cosa potremmo dire per il pianoforte: a prescindere dalla propensione personale e quindi dai relativi tempi di apprendimento, è lecito affermare che il cervello di qualsiasi persona normodotata sia in grado di suonare il pianoforte magistralmente, se sottoposta a svariati anni di studio ed esercizio.
Col trading entriamo in un campo del tutto differente, e la sfida maggiore, per chiunque voglia approcciarsi al mondo degli investimenti di medio/breve termine (trading, appunto), è capire esattamente ciò che si sta facendo. Ed è proprio questo che richiederà una buona intelligenza! Ritengo infatti che lo scoglio più arduo non sia “fare trading”, ma “capire il trading”. Il primo step è comprendere che il trading è e sarà sempre un’attività drammaticamente legata agli umori del mercato: potrà sembrarvi un’affermazione banale, forse, ma capita spesso che perfino i trader più navigati finiscano per ignorare questa semplice, scomoda verità.

Ma allora tutti sti trader che stanno nei forum giocano a mosca cieca?

Giusta osservazione. Il mondo è pieno di gente che fa trading (e che perde soldi nel farlo). Ma, come già detto, qualcuno guadagnerà pure, no? Vediamo quindi i possibili approcci per guadagnare nel trading. Sostanzialmente, i trader si dividono in tre grandi categorie:

  1. trader che seguono l’analisi tecnica
  2. trader che seguono l’analisi fondamentale
  3. trader che sono un misto tra i primi due
Non mi dilungherò sulla spiegazione delle singole categorie, poiché per una definizione “accademica” di ciascun approccio vi basterà una ricerca su Google. Vediamo invece cosa c’è sotto il cofano delle varie chiacchiere e corsi propinati dai vari guru del trading che popolano la rete. Tanto per cominciare, sfatiamo un mito: nessun approccio permette di prevedere cosa accadrà a breve termine sui mercati (sul lungo termine il discorso è diverso, e i motivi li abbiamo già accennati nel precedente post). Sia l’analisi tecnica che l’analisi fondamentale seguono dei modelli basati sul passato.
L’analisi tecnica non fa che analizzare i grafici, ignorando completamente i bilanci delle aziende o le notizie macroeconomiche che influenzano azioni, valute e materie prime. In base a come in passato si è comportato il grafico di un determinato asset, si tenta così di prevedere il suo andamento nell’immediato futuro.
Al contrario, l’analisi fondamentale non fa che analizzare i bilanci delle aziende e le notizie macroeconomiche, ignorando del tutto i grafici.
Esistono poi i trader che tentano di fondere i due approcci, ritendendo che ognuno costituisca il necessario completamento dell’altro.

Come avrete già immaginato, ad oggi nessuno è stato in grado di dimostrare scientificamente quale di questi approcci porti ai risultati migliori. Approfondiremo meglio la faccenda in articoli dedicati, ma per ora basta dire che entrambi gli approcci, in quanto basati sul passato, non offrono alcuna garanzia riguardo ciò che potrà capitare nell’immediato futuro. Abbiamo infatti già spiegato più volte che solo nel lungo periodo è possibile operare delle previsioni, una tra tutte: da qui a vent’anni l’economia USA dovrebbe continuare a crescere. Qualcuno obietterà che anche questa è una congettura fallace. D’altronde, disponiamo forse di inoppugnabili basi per sostenere che nel lungo periodo le azioni USA dovrebbero crescere? L’unica evidenza che abbiamo ad oggi, è che in passato chiunque sia rimasto investito per almeno vent’anni su titoli azionari USA, abbia infine guadagnato ottime cifre. Ma chi ci assicura che ciò capiterà di nuovo? Se oggi, sì proprio oggi, l’SP500 dovesse iniziare a flettere, e la discesa continuasse anche per i prossimi mesi e poi per i prossimi anni,  qualcuno potrebbe mai darci la CERTEZZA che prima o poi l’indice tornerebbe ai livelli attuali (il future quota 4390 punti al momento in cui scrivo)? 

Signori, nel mondo degli investimenti non esistono certezze. Perfino considerando lunghi periodi di tempo (dieci o vent’anni) non abbiamo alcuna CERTEZZA riguardo il fatto che l’economia USA si comporti come si è sempre comportata, ma certo è MOLTO più ragionevole ipotizzare un incremento dell’economia USA da qui a vent’anni (e quindi un incremento delle relative azioni) rispetto a ipotizzare il movimento dell’SP500 da qui a pochi giorni o poche settimane, poiché nel primo caso stiamo “scommettendo” sul progressivo sviluppo dell’economia americana nel suo complesso, mentre nel secondo stiamo tentando di speculare sugli umori a breve termine del mercato.
I trader sono quindi tutti degli stupidi illusi? La maggior parte sicuramente lo è, in quanto non ha compreso esattamente cosa sia il trading. La minor parte, invece, pur avendolo capito, continua a farlo per testardaggine, per disperazione, o per passione. Generalmente, gli unici a ottenere qualche risultato positivo sono questi ultimi, poiché di solito ragionano più lucidamente. Infatti, una volta compresa a fondo la reale natura del trading, sarà facile comprendere come il trading non può in nessun caso sostituire un reddito fisso (sia esso da lavoro, da locazione, da dividendi…), né può essere considerato come un metodo per arrotondare costantemente la nostra principale fonte reddito.

Scusa bro, ma pure i redditi da lavoro o da locazione non so' sicuri! Quindi s'annamo a buttà tutti al fosso?

Certo, il vostro datore di lavoro potrebbe darvi il benservito, la vostra azienda potrebbe fallire, e il vostro inquilino potrebbe decidere di non pagarvi l’affitto. Anche questi sono rischi, non lo metto in dubbio. Ma vi assicuro che la volatilità cui sarete sottoposti nel mondo del trading, sia quando sarete in guadagno sia quando sarete in perdita, è tutt’altro paio di maniche, a meno che non vi stiate divertendo a “giocare” solo qualche spicciolo.
Nel mondo del trading, nonostante l’approccio più conservativo possibile, potreste ritrovarvi anche per svariati mesi consecutivi in perdita. E non c’è nulla di più frustrante dell’aver lavorato sodo (perché il trading richiede MOLTO studio e lavoro) per ritrovarsi poi con meno soldi di quanti avevamo prima di iniziare.
Ritengo personalmente che esistano alcune attività più o meno connaturate all’uomo. Dalla notte dei tempi, l’uomo ha coltivato un campo per poi vedervi crescere una patata in un determinato periodo dell’anno, salvo eccezionali eventi metereologici. Poi, siccome si annoiava, si è messo a giocare a dadi. Il brivido dell’imprevisto, il guadagno rapido e veloce, la sfida contro la sorte, hanno sempre generato una forte attrazione su svariate categorie di persone. E quando qualcuno l’ha capito (il banco), ha trovato un modo decisamente poco etico di fare cassa alle loro spalle. Da questo punto di vista, il trading somiglia molto pericolosamente a un’attività di puro e semplice gambling, dove l’unico vincitore certo sarà sempre il broker che, pur non comportandosi da banco (nel senso che non guadagnerà dalle vostre perdite come un vero e proprio banco, o almeno non dovrebbe), incasserà comunque laute provvigioni grazie alla vostra operatività. 

Urge quindi dare un giusto nome alle cose. Il trading non ha nulla a che vedere con una “normale” attività lavorativa, sia essa da dipendente o da imprenditore, poiché, come già ampiamente spiegato, nel breve periodo i mercati risultano estremamente imprevedibili. Quando dico “estremamente” mi riferisco a ciò che una persona ritiene un compenso quantitativamente e qualitativamente proporzionale rispetto alle ore lavorate. In Italia, credo che nessuno (in base al proprio mestiere) accetterebbe di lavorare per meno di tot euro all’ora, giusto? Io lavoro x ore, per y giorni, e a fine mese prendo lo stipendio. Punto. Se apro un’azienda, il guadagno diventa senza dubbio più volatile e incerto rispetto a quello di lavoro dipendente (specie nel caso di lavori da dipendente ben qualificati), ma disporrò comunque di MOLTI più elementi soppesabili rispetto a quanto avviene nel trading: chiaramente non andrò ad aprire un chiosco di bibite ghiacciate in Alaska, e non aprirò un’agenzia immobiliare in una città dove esistono già più agenzie che condomìni.
Per dirla breve, nella "classica" attività di impresa diversi elementi sono sotto il mio diretto controllo, fin da prima della sua apertura, mentre nel trading la situazione è di gran lunga più sbilanciata verso elementi su cui non abbiamo alcun controllo. Dunque, sebbene in entrambi i casi si possano perdere soldi e tempo, nel trading è tutto decisamente più difficile. Per tali ragioni, la prima cosa da stamparci in testa è che il trading NON è equiparabile a nessuna attività produttiva compatibile con gli standard umani: l’uomo è stato congegnato come un essere che necessita di lavorare con una ragionevole probabilità di ottenere un guadagno dal proprio lavoro, in maniera costante .
Ora, non penso di bestemmiare affermando che lavorare per perdere soldi (e per perderli nella maggior parte dei casi statisticamente individuati), non rientri nei vostri standard odierni, giusto? Dunque, chiunque voglia iniziare questo cammino è bene che acquisti una lastra di acciaio e che la appenda sopra il computer dopo averci fatto incidere le seguenti parole sacre: il trading è solo un hobby, va trattato come un hobby, e soprattutto inizialmente non vanno rischiati più soldi di quelli che rischierei o investirei per qualsiasi altro hobby. 

M’hai proprio massacrato oggi! Ma se il trading è ‘na monnezza su tutti i fronti, perché la gente continua a farlo? Ok la testardaggine e la passione, ma questo me pare masochismo!

Il trading non esula dalle grandi leggi dell’universo. Tutto è in equilibrio, giusto? E il trading non fa eccezione: infatti, quale attività vi permette di guadagnare cifre (potenzialmente enormi) stando seduti sul divano di casa, o nella reception di un hotel alle Seychelles, con un impegno che nella migliore delle ipotesi non raggiunge nemmeno un’ora quotidiana? Senza contare il fatto che non dovete rendere conto a nessuno e non occorre alcun investimento in termini di immobili, impianti e materiali vari (basta un notebook di fascia media e una connessione Adsl). La manna dal cielo! Il sogno di tutti! E infatti, in quanto a possibilità di realizzazione, è molto vicino a un sogno. Ma noi non ci arrendiamo, vogliamo coltivarlo questo sogno, vero? Vogliamo provarci. 

Chi NON dovrebbe fare trading?

Ebbene, alla luce di quanto detto finora, credo si possa ormai tratteggiare il tipico profilo di chi al trading non dovrebbe nemmeno avvicinarsi. Non ho alcun dubbio: rientrano in quel profilo tutti colori che hanno REALE urgenza di guadagnare (per pagare il mutuo, l’affitto, fare la spesa, etc), e, dopo averle provate tutte, vedono nel trading l’ultima àncora di salvezza. No signori: quella è l’àncora che vi poterà irrimediabilmente sul fondo dell’oceano, a meno che non vi limiterete a un approccio del tipo “provo a prendere cento gratta e vinci e tanti saluti: se va bene ho risolto tutto, sennò mi impicco” (approccio che comunque non condivido). Se invece intendete fare del trading una vera e propria attività per risollevarvi dal baratro, o sperate possa darvi anche solo un piccolo aiuto a risollevarvi, siete del tutto fuori strada. 
Ricordate una cosa: al contrario di Robin di Locksley, il trading prende ai poveri per dare ai ricchi. Le motivazioni sono varie, e connaturate nella natura stessa del trading, ma la principale ragione è che quanto meno siete capitalizzati, tanto meno potrete resistere (sia finanziariamente che psicologicamente) ai periodi di perdita, che possono essere anche molto duraturi. Ricordate l’esempio del poker? Anche il più solido professionista, prima o poi, dovrà affrontare una lunga sfilza di perdite, e se durante quel periodo non fosse abbastanza capitalizzato da resistere all’urto, la sua carriera potrebbe essere stroncata. E infatti il vero professionista sarà molto accorto nella gestione del suo portafoglio, e in considerazione di quanto appena detto, farà sempre in modo di mantenere il proprio capitale al di sopra di certi limiti.
Con ciò non sto dicendo che avere tanti soldi renda tutto più facile, al contrario: gestire un grande patrimonio è sempre molto più complesso di gestire un piccolo patrimonio, ma ciò non toglie che talune attività dovrebbero essere escluse a priori da chi vorrebbe iniziare con un patrimonio al di sotto di certe soglie. Torneremo su questo aspetto in un post dedicato, poiché l’argomento richiede MOLTA attenzione ed è opportuno portare esempi concreti.   

Insomma me stai a dì che il trading è solo pe’ cervelloni e ricchi sfonnati?

Non proprio. Certamente non consiglierei il trading a persone che non abbiano una discreta cultura matematico/statistica, pur avendo ingenti capitali dai quali ritagliare una ragionevole fetta da mettere a rischio. Ma non credo sia necessario essere novelli Einstein, o avere u QI di 160. In linea di massima, credo sia un’attività consigliabile a chi ha moltissimo tempo libero da dedicare allo studio, soprattutto nei primi anni, e grande passione per la materia finanziaria, il suo gergo e i suoi strumenti. Non devono mancare ovviamente le giuste doti caratteriali: pazienza, lungimiranza, autocontrollo.
Insomma, è un hobby per pochi. Consigliereste all’uomo “medio” di coltivare l’hobby del lancio con la tuta alare? Bene, per il trading non è molto diverso, visto che ci sono in ballo soldi veri, non quelli del Monopoli. 

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