Trading online: guadagnare soldi a palate lavorando un'ora al giorno sdraiati sulla spiaggia? Sì, ma...

 


Le domande sono sempre le stesse: il trading è gioco d'azzardo? Il trading è una truffa? Si può fare soldi col trading senza rischi? Quanti soldi occorrono per iniziare a fare trading? Quanto si guadagna col trading? Quante ore al giorno bisogna dedicare al trading?
Se anche voi - come me molti anni fa - siete pervasi da tali (leciti) dubbi riguardo il mondo degli investimenti in Borsa, questo lungo post vi fornirà un'ottima base di partenza, tanto per capire se stiamo parlando di fischi o fiaschi, il che, vi assicuro, è già molto di quanto troverete in moltissimi corsi di trading venduti a cifre da capogiro. 
Il trading è un’attività divenuta alquanto di moda grazie all’avvento di internet, broker, passaparola, lockdown assortiti e smartphone ormai onnipresenti (anche se i più seri preferiscono farlo al computer: sì, quel coso ingombrante munito di ventola di raffreddamento). In fondo tutti lo sanno, basta aprire un account su qualche broker dal nome esotico (tipo eMule…ah no scusate, ho sbagliato animale) e si parte. Oggi compro Amazon, me lo sento proprio che salirà, d’altronde stanno tutti a casa per il lockdown, vuoi che non salga? Ok, lockdown finito, tutti a comprare Booking, Ryanir e Delta Airlines. Ops, è uscita la variante Covid Zeta, mercati al crollo: c’ho rimesso l’osso del collo ma mi rifarò. La prossima volta non mi farò fregare. La prossima volta. La prossima volta. La prossima…
Questo è quanto di meglio ci si possa aspettare dall’investitore medio nel campo del trading. E sapete una cosa: potrebbe guadagnare più di un qualsiasi titanico hedge fund. Costui potrebbe perfino arricchirsi in pochi mesi, e lasciare il lavoro.

La famosa monetina

È così dunque: può andarti di lusso, o puoi finire sul lastrico. Come definireste un’attività di questo tipo? Gambling? Ci siete molto vicino. Ma ci sono diversi modi in cui si può decidere di giocare a Poker, giusto? Si può giocare da dilettante, o da professionista. Tuttavia, alcuni ritengono che non faccia alcuna differenza giocare da dilettante o da professionista, perché il fattore aleatorio (leggi: avere culo/sfiga) sarà sempre predominante rispetto alle skill del giocatore. Altri obietteranno che allora non si spiega come mai i campioni di Poker tendono sempre a stracciare i dilettanti, a condizione di prendere in esame un periodo di tempo abbastanza lungo da annientare, o quantomeno limitare al massimo, il fattore fortuna. Chi ha ragione? Il campione di Poker è uno che nella vita ha sempre avuto culo nel poker, oppure è uno che sa effettivamente il fatto suo? D’altronde, potrebbe ben darsi che in un torneo al gioco di testa o croce, prendendo in esame un periodo di tempo abbastanza lungo (ad esempio dopo mille tiri), i risultati di vincitori e perdenti tenderanno a equipararsi, semplicemente perché per la legge dei grandi numeri quante più volte lancerò una monetina, tanto più numericamente simili saranno gli eventi “testa” rispetto agli eventi “croce”.  In definitiva, se lancio una monetina dieci volte, potrebbe ben darsi che mi esca 8 volte testa e 2 volte croce, ma se la lancio 1.000 volte, il risultato sarà molto vicino a 500 teste e 500 croce. 
Se giocassimo a Testa e Croce, avremmo dunque un’unica certezza: tanto più alto sarà il numero di lanci, tanto maggiore sarà la nostra probabilità di chiudere il gioco in pareggio. Se invece fossimo persone amanti del rischio, potremmo anche scommettere soltanto su una decina di lanci e buonanotte: se va bene, vinciamo, se va male perdiamo.
Per riassumere: è impossibile fare soldi in maniera razionale col gioco Testa/Croce, né con qualsiasi altra attività completamente soggetta alle leggi del caso. In questa tipologia di attività, se giochiamo correttamente (il che nel caso di Testa/Croce vuol dire scommettere SEMPRE su Testa o SEMPRE su Croce) possiamo razionalmente aspettarci solo un pareggio, a patto di “giocare” un numero sufficientemente alto di volte. La legge dei grandi numeri è veramente figa, vero? E’ una maestra bacchettona che non ama i capricci del caso, e ama rimettere a pari le cose. Ciò ci insegna che nella pura statistica esiste una sorta di magnetico equilibrio che riassorbe le impurità del caso, equilibrio che però necessita dei suoi tempi, tempi indefinibili ma sicuramente molto lunghi. 
Ma attenzione a non commettere la solita fallacia dello scommettitore: la legge dei grandi numeri dice che se lancio 1000 volte una monetina probabilmente il numero di risultati Testa e il numero di risultati Croce si equivarranno, il che non ha nulla a che vedere con la bestemmia mangia-gonzi che vediamo nelle tabaccherie, ovvero che siccome “il 57 non esce da tre mesi allora sta per uscire”. La legge dei grandi numeri sa governare il passato, non si occupa del futuro! D'altronde, una cosa è certa: in un numero infinito di lanci il 57 uscirà prima o poi, questo lo capisce pure Moko (il mio gatto), ma nessuno potrà mai dire QUANDO questo benedetto 57 uscirà. Potrebbe non uscire per mesi o anni, e poi uscire per tre volte di fila. Chiaro il concetto?

Il trading e il poker

Abbiamo dunque stabilito senza ombra di dubbio che in un gioco del tutto aleatorio non potremo mai avere razionale certezza di ottenere vincite costanti, né nel lungo né nel breve periodo. Non un grande affare, giusto? Tuttavia, nel trading come nel poker esistono effettivamente elementi ulteriori che possono venire in nostro aiuto. Nel poker online, ad esempio, possiamo decidere quanto puntare in base alla forza della nostra mano: un giocatore che abbia in mano un full potrà certamente esporsi maggiormente rispetto a uno che abbia una coppia, poiché le probabilità di chiudere la partita in vincita avrà sicuramente molto alta. Tutto semplice, quindi? Non proprio: nelle varianti del poker più gettonate oggi (come il Texas Holdem) la questione diventa più articolata, pertanto decidere quanto scommettere in base a quanto statisticamente risulti probabile una vittoria, nelle varie fasi della partita, non è certo cosa da tutti. Si aggiungono poi ulteriori due complicazioni: 1) i soldi di cui dispone un giocatore non sono infiniti, il che significa che in ogni momento il giocatore professionista saprà bene quanto esporsi, dopo aver soppesato le probabilità di vincita della propria mano 2) dopo una lunga serie di sconfitte, anche il raziocinio e l’autocontrollo del più freddo dei giocatori inizierà a vacillare, poiché il giocatore è pur sempre un essere umano e non una macchina. Effetto ugualmente deleterio potrebbe avere una lunga serie di vincite: il giocatore potrebbe ormai sentirsi onnipotente e quindi perdere obiettività.
In definitiva, possiamo dire quindi che rispetto al lancio della monetina, il giocatore di poker può in effetti acquisire un vantaggio sugli avversari sfruttando tre parametri
  1. Conoscenza approfondita della statistica che governa il poker e agilità nell’elaborare mentalmente i relativi calcoli
  2. Sapiente gestione del capitale
  3. Capacità di autocontrollo, tanto nell’ipotesi della lunga serie di perdite, quanto nell’ipotesi della lunga serie di vincite
Cosa comporta tutto ciò? Semplice: grazie alle skill sopra elencate, un giocatore di poker potrà tentare di ridurre il fattore casualità e, soprattutto, evitare di bruciarsi il capitale prima del tempo. In altre parole, il giocatore professionista, DOVREBBE riuscire ad avere la meglio su un dilettante (che fa affidamento solo al caso) a patto di giocare un numero di partite sufficientemente grande da far sì che le sue skill possano generare i loro frutti. E qui casca l’asino…e potrebbe farsi molto male. Purtroppo i calcoli statistici hanno il difetto di offrire soltanto previsioni, non certezze. Se prima di lanciare un dado voglio calcolare la probabilità che esca il numero 3, posso essere CERTO che questa probabilità è pari 1/6, ma non so altro. Ricordate la legge dei grandi numeri? Posso affermare con ragionevole certezza che, dopo un grande numero di lanci, il numero 3 sarà uscito circa 1/6 delle volte. Poniamo quindi di lanciare un dado mille volte: dopo un tal numero di lanci siamo abbastanza sicuri che il numero 3 sarà uscito 1/6 delle volte. Ma dopo 50 lanci? Ebbene, dopo 50 lanci il numero 3 potrebbe non essere mai uscito! O potrebbe essere uscito soltanto un paio di volte, il che corrisponderebbe a 2/50, ben diverso dalla probabilità che ci aspettavamo di 1/6! Tutto ciò serve a dire che, sebbene in una grande serie di partite un giocatore professionista può affermare con ragionevole certezza di avere la meglio su un dilettante, nessuno può prevedere quando ciò capiterà, né quante partite occorreranno. Potrebbe ben darsi che, prima che la statistica inizi a dare ragione alle competenze del professionista, il dilettante possa avergli già pelato il portafoglio, oppure che la lunga serie di perdite accumulate dal professionista gli abbiano infine fatto perdere lucidità e pazienza (magari il giorno prima l’aveva mollato la fidanzata) a tal punto da fargli perdere il vantaggio “competenziale” che aveva sul dilettante finendo così per rimettere tutto nelle mani del puro caso.

Facciamo un riassunto. Qual è il nostro scopo? Fare soldi. Come? Limitando il più possibile il fattore casuale, in modo da avere una rendita stabile e prevedibile.
Nel gioco della monetina non è possibile prevedere alcun tipo di rendita, poiché se giochiamo pochi lanci siamo in balia della sorte più assoluta: possiamo arricchirci o finire in mutande. E finire in mutande è un rischio che noi NON vogliamo correre, giusto (qui sarebbe da aprire un altro capitolo riguardo la propensione che ognuno di noi ha nei confronti del rischio, ma ne parleremo in altre sedi)? Se invece giochiamo molti lanci (centinaia) scommettendo sempre su testa o sempre su croce, allora con estrema probabilità chiuderemo il gioco in pareggio: dunque non abbiamo vinto né perso soldi, ma abbiamo perso tempo (e se è vero che il tempo è denaro, allora direi che abbiamo comunque perso soldi).
Se ci rivolgiamo al poker, possiamo imparare le regole e dopo molta esperienza acquisire tutte le skill di un professionista. Questo ci da’ un vantaggio indubbio rispetto a un dilettante esposto alla mera casualità, come abbiamo visto sopra, ma la sorte potrebbe comunque schierarsi inizialmente (e per lungo tempo) contro di noi, motivo per cui non possiamo prevedere in alcun modo dopo quanto tempo le nostre competenze potranno dare i loro frutti, e prima di allora potremmo tranquillamente aver distrutto il nostro patrimonio o i nostri nervi (il che porterà comunque alla possibile distruzione del patrimonio). Certo, il giocatore professionista vi dirà che, anche senza avere la certezza del quando, tuttavia è ben conscio del fatto che prima o poi avrà la meglio sul dilettante, ma è una consolazione che a molti potrebbe non bastare.

Tutto questo ci porta a una prima importante considerazione: qualsiasi tipo di attività influenzata fortemente dal caso (come il poker), ovvero da una moltitudine di informazioni, eventi ed emozioni del tutto imprevedibili e/o inconoscibili (come nel caso del trading,) non rappresenta un buon affare per chi è poco capitalizzato né tantomeno per chi ha poca pazienza e autocontrollo. Costoro saranno nella maggior parte dei casi i primi a soccombere: abbiamo infatti visto come perfino il giocatore professionista, se colto da una lunga serie di sfortunati eventi, potrebbe subire pesantissime perdite, o azzerare del tutto il proprio conto, prima di poter raccogliere i frutti del suo studio (ammesso che fino ad allora gli abbiano retto anche le coronarie). E se ciò è vero per un professionista, con tutte le competenze e l’autocontrollo che affannosamente si è costruito in anni di mazzate, pensate un dilettante che dopo appena un centinaio di mani poco fortunate inizia a smadonnare, e magari per rifarsi delle perdite finisce per andare all in rischiando così di giocarsi l'intero conto.
Insomma, quanto detto finora spero vi abbia già ammonito a sufficienza: se state cercando un modo per far soldi, lasciate perdere attività come il poker o il trading, soprattutto se per qualsivoglia ragione avete impazienza di raggiungere il vostro obiettivo: sarebbe esattamente come giocare a testa o croce. Vediamo meglio il perché, soffermandoci stavolta proprio sul trading.

I rischi del trading, ovvero dell'investire nel breve periodo

Dopo una dovuta infarinatura di statistica, possiamo ora meglio definire che cos’è il trading: trattatasi di attività di acquisto azioni, valute, obbligazioni o materie prime, con lo scopo di rivenderle in un periodo che va da pochi secondi a pochi mesi dopo l’acquisto, in modo da trarre un profitto dall’operazione. Acquistare oggi un’azione Airbnb e tenerla per dieci anni o più, nell’attesa di un possibile rialzo delle quotazioni, non è fare trading: è attività di investimento puro. Il trading, di conseguenza, è un’attività concentrata sul medio-breve periodo, il che comporta numerosi problemi.
Chiaramente, in questo articolo “introduttivo” non andrò a elencarvi le infinite trappole celate nell’attività di trader, ma per rimanere sul generico diciamo che nel breve periodo i mercati tendono ad essere semplicemente imprevedibili, per via delle innumerevoli variabili che influenzano gli umori degli investitori. Ho volutamente grassettato la parola “umori” perché è esattamente di questo che si parla: il mercato è guidato dalla paura e dell’avidità delle persone, null’altro. E purtroppo, gli umori delle persone sono spesso imperscrutabili, volubili, irrazionali.
Esistono una marea di teorie sui meccanismi che influenzano la formazione dei prezzi sui mercati finanziari, ma nessuna è mai riuscita a imporsi come “la pietra filosofale”, in grado cioè di tramutare qualcosa che per definizione è mutevole in qualcosa di razionale e prevedibile. Proprio per tale ragione, la maggior parte degli operatori finanziari più accorti, consigliano di stare alla larga dal trading, e puntare invece sull’investimento puro di lungo periodo: in tal modo, non saremo più soggetti al “rumore di fondo”, alla transitorietà degli umori di mercato, bensì saremo passivamente legati dall’andamento dell’economia nel suo complesso. Sicché, investendo in un paniere di titoli appartenenti a un’economia che ha già dimostrato la sua floridezza, e avendo la pazienza di attendere svariati anni (anche dieci o venti), saremo pressoché certi di aver ottenuto infine un cospicuo guadagno. Naturalmente, nel corso di questo lungo periodo potranno abbattersi numerose tempeste sui nostri investimenti (vedi crisi del 2008, o flash crash a inizio 2020 per il Covid), ma in quei frangenti un investitore di lungo termine può dormire sonni tranquilli, conscio del fatto che si tratta appunto di eventi passeggeri e che nel lungo periodo l’economia USA riprenderà a crescere (salvo catastrofi bibliche che si abbattano sugli USA).
Dunque, esiste una differenza immane tra investire nel breve periodo (minuti, ore, giorni, fino a pochi mesi), e investire nel medio/lungo periodo (anni). Sono due cose differenti esattamente come lo sono mele e palle da tennis, sebbene mele e palle da tennis abbiano una forma simile. Perciò, quando qualcuno vi dice: “io investo in borsa”, senza specificare l’orizzonte temporale dei suoi investimenti, costui non sta in realtà affermando alcunché.

Chiarito questo, torniamo al nostro discorso sul trading vero e proprio (ovviamente in futuro parleremo sul blog anche di investimenti di lungo periodo). Ora, qualcuno più smaliziato potrebbe pensare che finora ho scritto delle ovvie banalità, ma io non ne sarei così convinto. Se la maggior parte delle persone fosse così consapevole di quanto detto finora (il che peraltro è ben riscontrabile anche su diversi libri), come mai il trading online è diventato tanto di moda? La risposta è quantomai ovvia: perché la gente vuole fare soldi subito, non tra cinque/dieci/vent’anni. E forti di questa consapevolezza, molti operatori non fanno altro che rinfocolare la vana speranza di questi sprovveduti, proponendo l’apertura di conti di trading a zero commissioni e compagnia bella. E in effetti, ad oggi, anche un fesso (finanziariamente parlando) con 100€ da investire può aprire un conticino con cui iniziare a comprare “spicchi” di Amazon, Google, Apple, etc. Cazzo, ora chiamo la mia raga e glielo dico: da oggi sono un’azionista Amazon! Già, fa molto figo vero? Ed anche su questo giocano i nostri giganti acchiappapolli: non solo la gente vuole fare soldi subito, ma vuole anche sentirsi figa, brandizzata, rispettata, ammirata. E quale miglior modo dell’andare in giro raccontando di essere “entrato in Amazon”? Una penetrazione che farebbe impallidire il buon vecchio Siffredi (ehm, scusa Rocco, non sei affatto vecchio).
Naturalmente, il malcapitato non ha nessuna consapevolezza del fatto che, in realtà, ciò che ha acquistato non è affatto un’azione Amazon, né una frazione di azione Amazon, ma soltanto una sorta di “fotocopia” di quell’azione generata da un broker che può decidere a suo piacimento il prezzo di quel titolo (ne parleremo a fondo sul blog), tanto per rendere il gioco ancora più imprevedibile e nebuloso. Per non parlare dello sciagurato caso in cui qualche bamboccio, dopo aver comprato Gamestop su suggerimento del compagno di banco, si ritrova ad investire tutti i suoi miseri risparmi per ritrovarsi nel giro di pochi giorni ad avere accumulato un piccolo patrimonio! Non potrebbe succedere nulla di peggio. E’ abbastanza probabile, infatti, che grazie al colpaccio appena messo a segno lo sbarbatello di turno si senta veramente fiko, e decida pertanto di proseguire imperterrito la sua attività di “investimento”, con risultati facilmente immaginabili.
Insomma, il mondo del trading racchiude esempi da manuale di stupidità e avidità umana.
Ovviamente, in questo “gioco” i veri protagonisti saranno solo i broker, ovvero coloro che danno a voi la possibilità di entrare in questo mondo fantastiglioso: state certi che costoro guadagneranno sempre, a prescindere che voi diventiate il nuovo Warren Buffet, o che vi bruciate il conto come la maggior parte degli “scommettitori” che si avventurano sui mercati nella speranza di far soldi nel giro di pochi mesi, o peggio, pochi giorni.

Trading, lotterie e scommesse

Ma facciamo ora un passo indietro, perché forse abbiamo perso il filo razionale che avevo iniziato a tessere, spero con buoni risultati, dall’inizio di questo lungo post. Mi pare chiaro, fin qui, che il trading sia un’attività per molti versi simile al gioco d’azzardo puro e semplice. I motivi - lo ripeto per i più duri di comprendonio - mi sembrano ormai palesi: i mercati, nel breve periodo, risultano in balìa degli umori degli investitori, umori a loro volte determinati da una miriade di news, aspettative e diavolerie varie. Perfino gli investitori più titanici (hedge fund e banche d’affari assortite), che dispongono di enormi risorse finanziarie e informazioni privilegiate, a volte “toppano” fino a rimetterci l’osso del collo (qualcuno ha detto Lehman Brothers?), figuratevi voi col vostro piccolo patrimonio e le notizie offerte da Milano Finanza. 
E se qualcuno obiettasse che però il trading potrebbe essere divertente, un po’ come giocare a testa o croce? Risponderei che le cose non stanno in questo modo: il trading, esattamente come le lotterie statali, sono giochi a perdere. Nel caso delle lotterie statali, il discorso è semplice: state giocando contro un banco che ha già ben stimato le probabilità di successo a suo favore. O pensate che lo Stato abbia il monopolio delle lotterie perché vuole dare una mano ai poveri bisognosi? Chiariamoci con un esempio stupido: voi giochereste 100€ a testa o croce se il vostro avversario vi dicesse che in caso di perdita si prende tutti i vostri 100€, ma in caso di vincita ve ne restituisce 110€ (ovvero i 100€ che avete scommesso più 10€ di premio per la vostra vincita)? In pratica, avete il 50% di probabilità di perdere 100€, e il 50% di vincere 10€. Ottimo affare, vero? Questo era ovviamente un esempio che riporta delle cifre “a caso” (non ho idea di quali siano esattamente i valori attesi nelle lotterie statali, ma mi informerò e scriverò un articolo dedicato), ma state pur certi che le probabilità di vittoria non sono a vostro a favore.
Chiaramente nel mondo dei gratta e vinci e company la faccenda è ben “camuffata”, e l’idea di poter vincere decine di migliaia di euro investendo solo 10€ fa gola a molti (ignoranti). Ma lo Stato sa benissimo che, statisticamente, per ogni fortunato che becca quei 10.000€, c’è un esercito di “fessi” che, giocando schedine da 10€, gli avrà fatto guadagnare MOLTO più di 10.000€. Per tale ragione, e per la solita legge dei grandi numeri, è facile intuire che quanto più scommetterete in una lotteria statale, tanto più i risultati del vostro gioco ricalcheranno le stime che lo Stato ha fatto a suo favore.

In parole povere: più giocate, più perdete, rimpinguando al contempo le casse dello Stato che, in teoria, dovrebbe investire quei soldi per il bene della comunità ^_^. Ovviamente, quanto detto riguardo lo Stato, vale anche per qualsiasi altro “banco”: non a caso si dice che il banco vince sempre. Pensate alle società di scommesse sportive, o ai casinò: sono tutte realtà impostate per farvi perdere soldi nel lungo periodo, in quanto le vostre perdite costituiscono le loro vincite, semplice e chiaro.
Questo è il banco: un’entità istituita (e legalizzata) per far vincere pochi nel breve periodo, e far perdere molti nel lungo periodo, poiché senza le costanti e durature perdite di molti “fessi” il banco non potrebbe esistere (chi li pagherebbe gli stipendi?). Con questo non sto condannando senza appello tutte le lotterie, ma bisogna saper distinguere: un conto è farsi una serata con gli amici al casinò, o scommettere una tantum che l’Itala vinca gli europei, o giocare ogni tanto un gratta e vinci nella piena consapevolezza di ciò che si sta facendo, un conto è diventare giocatori incalliti e inconsapevoli delle ferree leggi statistiche che, man mano che passano i mesi e gli anni, finiranno per pelare il portafoglio dei malcapitati scommettitori, per la gioia del banco. 

Ebbene, nel trading accade qualcosa di molto simile, ma il discorso è più articolato. Il primo ostacolo da superare è la scelta del broker: dovreste infatti scegliere un broker imparziale, che faccia da mero intermediario tra voi e il mercato: in altre parole, il broker NON deve fungere da banco, come invece fa lo Stato o un’agenzia di scommesse che guadagna dalle nostre perdite. Superato questo primo step, più insidioso di quanto sembri (anche perché non è infrequente imbattersi in alcuni fake-broker truffatori che si fregano i vostri soldi e poi svaniscono nel nulla), iniziano i problemi veri. Sostanzialmente le insidie da superare sono due:
  1. Noi piccoli investitori retail saremo sempre svantaggiati sul piano informativo e tecnologico rispetto alle così dette “mani forti” che sfruttano informazioni privilegiate e algoritmi vari (anche se non è raro che perfino le stesse mani forti finiscano poi per farsi male, come già accennato prima, e come vedremo in altri articoli sul blog)    
  2. Le nostre transazioni finanziarie sono sottoposte a delle commissioni. Per tornare al nostro semplice esempio della monetina: ipotizzando di giocare a testa o croce, e di ritrovarci dopo una decina di lanci in pesante perdita, potremmo sempre confidare nel fatto che nel lungo periodo (centinaia di lanci), se la moneta non è truccata, il numero di teste e quello di croci tenderà a equipararsi, e questo ripoterà le nostre finanze in pareggio (sempre se avremo abbastanza capitale e sangue freddo per arrivare fino a quel punto, come già spiegato sopra nel caso del poker). Ma nel trading, questo gioco non avrebbe alcuna speranza di finire in parità, proprio perché ad ogni “lancio della monetina” (ovvero, per ogni titolo acquistato sui mercati) noi pagheremo delle commissioni. In definita, acquistando casualmente titoli da rivendere entro pochi giorni, settimane o mesi, non solo siamo sottoposti alla pura volubilità del mercato, ma dovremo pagare anche parecchie commissioni per la compravendita titoli. Il che ovviamente non accadrebbe se scegliessimo un approccio di investimento di lungo periodo. 

Chi (e quanto) guadagna col trading?

Iniziamo così a capire che il trading non è proprio quella manna dal cielo che molti speravano di aver trovato. E le statistiche parlano chiaro: tra l’80% e il 90% di chi fa trading, finisce per perdere soldi. Ma questa proiezione a me non è mai  bastata: mi sono sempre chiesto, infatti, quanto guadagni quel rimanente 10%-20%. E’ lecito pensare che molti di costoro ci andranno a pari o poco più, altri guadagneranno cifre ridicole perché – consci dei rischi cui ti espone il trading – hanno investito solo una parte irrisoria del proprio capitale: rimane infine la fetta più piccola che dovrebbe guadagnare cifre considerevoli. Concentriamoci proprio su quest’ultima fetta, e ipotizziamo che solo un 5% dei trader appartenga a questa fascia di “privilegiati”:  è una percentuale del tutto ipotetica, ma non credo di essere tanto lontano della realtà.
Tanto per cominciare, dobbiamo togliere da questa fascia i “pesci grossi”, coloro cioè che muovono grandissimi capitali e godono di informazioni privilegiate (non necessariamente hedge fund), i quali, per essere ottimisti, costituiranno i ¾ del gruppo. Ciò vuol dire che, di quel 5% di trader che guadagnano, solo ¼ sono piccoli trader retail (cioè noi poveracci), il che ci porta a un’amara considerazione finale: i piccoli trader retail che nel lungo periodo guadagnano costantemente cifre considerevoli rispetto al patrimonio investito, potrebbero essere verosimilmente non più di uno su cento. Sì, avete letto bene.
Ora, è facile che tu, proprio tu che stai leggendo, sia stato già raggiunto da quella malefica vocina che sussurra all’orecchio: quell’1 su 100 sarai proprio TU, provaci! Fidati: non sei l’unico ad essere stato tentato e convinto da quella vocina. Purtroppo quelli che ritengono questa percentuale troppo pessimistica dimenticano anche un altro aspetto, e cioè che il trading è un gioco a somma zero: se voi vincete, qualcun altro sta perdendo. Di conseguenza, se pensate di rientrare in quel 10%/20% di trader che non perde soldi, dovete anche pensare che in quel territorio di non-perdenti sguazzano pesci MOLTO più grossi di noi piccoli retail, che certamente hanno molte più possibilità di entrare a mercato col giusto timing e la giusta esposizione, rispetto a quanto farebbe un pincopallino qualsiasi col suo pc o smartphone.
Il trucco sta quindi nel raccogliere le briciole, appunto, lasciate da questi grandi player, acchiappare diciamo gli ultimi strascichi dei trend avviati da costoro. Alla luce di tutto ciò, pensi ancora che 1 su 100 sia una percentuale pessimistica? E credi che gli altri novantanove su cento siano dei poveri gonzi, mentre tu, proprio TU, sarai migliore di loro?
D’accordo, questa volta voglio fidarmi di te, mio caro lettore. Voglio credere che tu abbia le possibilità di essere proprio quell’uno su cento, ma siccome non sono uno a cui piace credere per fede, vorrei anche analizzare quali (rari) requisiti dovresti avere per poter sperare di raggiungere quel risultato. Ma di questo parleremo nel prossimo post, visto che ho già sforato le quattromila parole.

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